martedì 30 novembre 2010

Rien.

La vita si accontenta di poco, lo diceva sempre qualcuno, forse al bar della piazza o forse da tabaccaio mentre giocava al totip. Ricordi di bambino. Il totip. La sip. Il bar della piazza.
La vita si accontenta di poco, non è vero, vorrei dirglielo, incontrarlo con la schedina in mano e dirgli, lei si sbagliava di grosso. La vita non s'accontenta per niente. E' lei che si è accontentato, forse. Ma sono fatti suoi.
Forse perché non concludo niente, per questo non so accontentarmi. Come può bastare il nulla? Manca addirittura il soggetto, l'oggetto, la cosa da inseguire.
Mi accontento forse di prendere il treno? Mi piace forse star qui stipato sul tram tra gente che puzza e che parla una lingua che non conosco? Tra vecchie donne con la borsa della spesa e in testa solo l'interrogativo, stasera cosa cucino? E di quel giovane che è entrato alla scorsa fermata con il suo cane molossoide e tendente all'aggressività, tutto apparenza e moda dissidente.

mercoledì 24 novembre 2010

Dalla poesia.

Portami il girasole impazzito di luce. Questo ti chiedo, ricordando i fiori che abbiamo avuto e annusato e guardato a lungo.
Quel girasole che poi mi ritrovai a regalare a un'altra, incapace di vederne il solo colore. Giallo, in una passeggiata nel grigio, nel buio, nello squallore di una vita violenta e puzzolente.
Ultimo tentativo di riportarti a me, sotto false spoglie, in occhi che non erano i tuoi, ma più vuoti. Tentativo stridente di riaverti con me, al mio fianco, a guardare i nostri fiori, il nostro minuscolo giardino, le nostre ore a conoscerci e a rappresentarci.
Un suono secco, questa è stata la rottura. Ramo disidratato che si spezza. Seme di girasole che cade su una tavola spoglia.
Portami il girasole impazzito di luce. Che ne ho bisogno.

lunedì 22 novembre 2010

Ammissioni.

Ammetto di essere ignorante.
Ammetto di non saper parlare dignitosamente della mia scrittura e di non essere all'altezza per assumermi la responsabilità di essere scrittrice.
Ammetto che la mia prima e ultima pubblicazione non è niente e non mi dà alcun diritto.
Ammetto che il mio libro non è piaciuto a certa gente ed è considerato scadente.
Ammetto di avere un fottuto bisogno del confronto.
Ammetto di essere acerba.
Ammetto invidia e ammirazione.
Ammetto che non so rispondere alle domande.
Ammetto che vorrei vivere di/con/per la scrittura.
Ammetto il desiderio di crescita.
Ammetto di aver scritto cose senza coscienza.
Ammetto di incardinare le parole sul foglio per trovare un orientamento, che spesso comunque non trovo.
Ammetto di voler creare una bambina di quattro anni e farla fumare.
Ammetto la mia costante insoddisfazione.
Ammetto d'essere sprovveduta.

Sento le mie parole vuote (vuote come le ossa degli uccelli) e le vedo uscire dalla mia bocca e volare verso il cielo.
In cerca di una lingua che le incarni e che le riempia del senso che meritano.

giovedì 18 novembre 2010

Memorie.

get well
don't live here any longer
don't love anyone

venerdì 12 novembre 2010

Pioggia. Supposed short story, a passage.

Stamattina la voglia di lavorare l'ho lasciata a casa. Giro e rigiro lo sguardo su fogli di carta che mi sembrano intraducibili. Dodici euro a cartella. Apro a caso il dizionario di inglese. Cerco, labile. Fleeting. In questo documento di marketing, fleeting, non mi servirà a niente. Mi segno la parola sull'agenda, nel giorno di oggi. Poi torno sul documento che devo tradurre. E' il verbale di una convention della scorsa settimana. Un corso d'aggiornamento per i dipendenti di un'azienda abbastanza grossa, che ha a che fare con l'Inghilterra. Si parla di placement on shop e placement on market. Di marketing mix. Di P. Product. Prize. Promotion. Placement.
Arriva alla mia scrivania Cri.
Mangiamo insieme, alla pausa pranzo?

Per me un toast senza prosciutto, pomodoro e mozzarella.
Per me un'insalata.
Da bere?
Per me una birra piccola.
Per me acqua, naturale.
Sei sempre a dieta?
Cara mia, quando avrai la mia età ti accorgerai che fa ingrassare anche l'aria, ogni tanto.

Cri potrebbe essere la donna di tutti. Ha nel viso un tratto universale, che la rende interscambiabile con tutte le altre donne quarantenni. Pelle tirata, qualche macchia intorno agli occhi, labbra tese, sottili, aride. E' preoccupata della vecchiaia, della non fecondità, pronta a strappare con l'inganno un figlio a qualsiasi uomo.
Ha il corpo che sembra essersi trascinato fin qui, quest'oggi. Non ha camminato per arrivare, ma si è portata avanti, si è fatta scivolare sull'asfalto graffiandosi i fianchi e le spalle. Vestita di nero, pantaloni attillati, scarpe col tacco, maglione abbondante che copre pancia e sedere. Nasconde i segni del tempo, penso.
La guardo e mi sa di ostentata malattia, disagio camuffato in sorrisi tesi e cascate di sigarette. Una donna così è in continua ricerca di qualcosa. Non si è ancora fermata.

mercoledì 10 novembre 2010

Svarione.

Dicosascrivooggicomefosseunmessaggiodeitelefonininuovafrontieradella dialettica?

Uomoincarrozzina.
Uomoincorridoio. Couloire. Uomosullasediaarotelle. Carrozzina. Nessunpiantodibambino.

Emmadante.
Medea. Basta figli. Bastafigli.

Che non può essere il centro di tutto. Ditutto.

Pensare invece a dei conigli nel cervello. Ho un nano nel cervello un mix cerebrale. O un ictus cerebrale.
Bagni di candeggina.

Uomo in carrozzina. E non in carrozzella. Volgarmente e gergalmente carro. La carro. Un mondo di carro.
Carro di buoi. Mogli e figli dei paesi tuoi. Basta figli. Donne e buoi dei paesi tuoi.
Arare la terra. The earth. La terre.
Ci prendiamo un trullo e trulliamo.

Teniamo bloccati i prezzi, finanziamo tariffe ... pubblico potere, tagliare i servizi sociali ... si può mettere la gente in condizione di non mandare i bambini all'asilo.

Differenza: io tre mesi prima l'ho fatto fuori, ma noi non abbiamo un nuovo presidente del consiglio, con una richiesta di arresto.

Due operai. Economia. Pugilato. Squadrismo verbale.

Fiducia. Ottimismo. Soldi.

Io non so.
Sarebbe interessante parlarne, ecco. Alla faccia della sentenza.
Ricusazione.
Sinistra giudiziaria. Attacco politico. Magistratura.

Descrizione dell'immagine. Lavoro di Norma Jeane. Non i suoi battiti del cuore che la fanno ballare, ma il formaggio che ha fatto. Conlattematerno.

C'è ostruzionismo per tutto quello che riguarda l'utero.
Basta, la mia determinazione dipende anche da altro.

Bstutero.

E che si tratti di formaggio, vorrei metterci dentro degli errori, dellecoseche non si fanno, degli sbagli, degliesperimenti, dei cosi così.

Provare a immaginare il fogliocomefogliocomesuperficiemia. Reazionario libroil primo.
Ma posso pensarelascrittura come l'arte?
Posso attuare quell'essercinelmondoinme come facevo con untubodipipì?

Seppellire la luce.
Metteresottoterralaluce. Metterenelcementoarmatola musica. Come a berlino. Chi non ricordo, un'artistadonna, secondome.
Odore. Mettereunodore nel congelatore.
Parola. Metterelaparoladentro al corpo. Mangiare la parola. Ingoiarla.
Ballare la parola, metterla nel battito cardiaco e ballarla.
La parola.
Nel nome del rispetto.
Nel nome del sacrificio.
Fare liquida la parola. E berla. Farla aria e respirarla.
Fare la scrittura. Fare lascritturaparolascritta.

Scrivere. Prendo una penna e scrivo.
Accendoilpc e scrivo.
Spengo tutto.
Scrivo al buio. Scrivo al nero, scrivoinrivaal mare al mare al sale.

domenica 7 novembre 2010

Ricordi, #6.

Ricordo la sigaretta che ho fumato nei bagni dell'ospedale e che mi ha fatto girare la testa.
Ricordo il colore maledetto della bile che si riversava nei drenaggi di mia madre.
Ricordo quando è nata una mia cuginetta e per la prima volta ho visto la voglia viola sulla faccia di mia zia, per la prima volta struccata.
Ricordo il rinfresco in giardino, a casa dei miei nonni, per la mia comunione.
Ricordo il pane tostato delle vigilie di Natale.
Ricordo i canarini che avevo da piccola.
Ricordo Enrico, il bambolotto di mia sorella.
Ricordo gli ex voto di Superga.
Ricordo l'isola degli Armeni di Venezia.
Ricordo il Padiglione della Bielorussia, alla Biennale d'Arte.
Ricordo di aver pianto dopo aver guardato un film ambientato a Venezia.
Ricordo l'ultima volta che sono andata al cinema, a vedere Des hommes et des dieux.
Ricordo le castagne col miele.
Ricordo il miele d'acacia di mio padre.
Ricordo il polline, la pappa reale e il propoli.
Ricordo le mani calde di mia nonna, che stringono le mie.
Ricordo il primo fico d'india di quest'anno.
Ricordo il furgone rosso.
Ricordo la vecchia tabaccaia sotto i portici.
Ricordo Saorge e la sua magia, le stradine strette, il fruttivendolo, i bambini.
Ricordo il lago di Ceresole vuoto.
Ricordo il lupo che ho visto.

Io e la signora.

Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d'attenzione e d'amore
troppo, se mi vuoi bene piangi
per essere corrisposti...

Penso a questa canzone e intanto ascolto alla radio rubata dalla cucina tutt'altro.
Guardo fuori dalla finestra che dà sul ballatoio e la pioggiolina scivolosa e quasi unta continua a cadere morbida sui tetti dirimpetto.
Fa meno freddo, ah, sì, è vero.
Che tempaccio, eh, signora, ormai... cadono anche le foglie, se ne è accorta?
Le foglie?
Sì, dagli alberi. Non ha visto?
Ah, ma è impossibile. Non è stagione.
Signora, siamo a novembre.
Novembre?
Sì, pare proprio di sì.
E i santi e i morti sono già passati?
Sì, li ho visti passare di qua qualche giorno fa.
Davvero? E dove andavano?
Non le so dire... hanno svoltato l'angolo e non li ho più visti.
Quale angolo?
Quello là, dove c'è il tabacchaio.
A sì?
Già. Credo andassero verso l'autostrada.
Ma pensa. Eh, i tempi cambiano.

sabato 6 novembre 2010

Supposed beginning.

Avevo pensato di ambientare tutto in una lavanderia a gettoni, ma poi ho sentito una nocciola cedere sul tetto e ho cambiato idea.
Vengo qua in montagna apposta, qui trovo sempre l'ispirazione. O comunque sento che le idee mi si formulano meglio e riesco anche a cambiare strategie, idee, pensieri. E' un bene, penso, altrimenti sarei sempre fermo allo stesso punto.
La lavanderia a gettoni mi era venuta in mente perché ho saputo di un artista che ha paura di morire risucchiato dallo scarico della lavatrice. Mi fa ridere, questa cosa. Quando vado a casa di Sara e uso il suo bagno e lei sta facendo andare una lavatrice, ci penso sempre. Perché lo scarico di quella vecchia macchina sputa direttamente nel lavandino, dal tubo grigio, e allora guardo l'acqua sporca sgocciolare sulla ceramica bianca e penso magari di vedere quell'artista che si è fatto piccolo piccolo e che urla dalla paura e finisce nello scarico del lavandino. E mentre faccio la pipì me lo immagino a peregrinare nelle fogne e cercare di uscire dal labirinto sotterraneo della città.