Devo ammettere
che cominciai a sentire un po’ di angoscia cadermi addosso. La situazione stava
diventando inquietante, insomma, non riuscivo a capire la qualità di tutte
quelle parole e insinuazioni, non sapevo se dubitare dei miei ricordi, se
dovevo forse cominciare a credere che una parte inconscia di me stava
nascondendo alla mia razionalità un incontro avvenuto, una disgrazia successa.
Quella voce rimaneva calma, non sembrava nascondere del rancore.
È pur vero che di
cretinaggini io ne ho fatte, nella mia vita. È probabile che qualcuno sia
arrabbiato con me per qualche motivo, ma è forse questo un atteggiamento che quel
qualcuno avrebbe oggi?
“Senti, stai
calmo, rilassati. Non ti chiedo niente, solo di ascoltarmi per qualche minuto,
così ci divertiremo.”
“Cosa?” chiesi
sbalordito “Divertirsi? Ma lei è completamente …” non feci in tempo a finire la
frase che la voce disse:
“Divertirsi, sì,
perché, non sai più cosa vuol dire?” e disse questa frase con una sfumatura
nella voce che mi lasciò completamente disorientato. Era intraducibile,
l’intenzione di quella voce. Era … era … non riuscii ad andare oltre.
Riattaccai immediatamente la cornetta del telefono.
Seguì un silenzio
profondissimo. L’intera stanza sembrò ovattarsi d’improvviso. Il mio respiro
risuonava nella cassa toracica con forza inaudita. Restai immobile davanti al
telefono per lunghi istanti.
Non avevo capito
nulla di ciò che era successo, ma mi colse la paura, di questo ne sono sicuro.
Il telefono
squillò improvvisamente un’altra volta. Feci un passo indietro, guardando
quell’apparecchio rosso con timore, come se da quella plastica potesse riuscire
quella voce. Squillò lungamente, ma io non risposi. Quando poi tacque andai
verso la caffettiera.
Mi versai tanto
caffè nella tazzina e senza neanche zuccherarlo lo buttai giù. Poi ne presi
ancora un goccio, dolce.
Mi sedetti sul
divano e cominciai a pensare seriamente a chi potesse essere quella voce. La
verità era che non ne avevo la più pallida idea. Mi feci anche un esame di
coscienza, misi in discussione molte cose di me, mi feci il terzo grado,
guardai i torti che feci dritto negli occhi. Nulla, nulla di tutto questo,
però, poteva giustificare quella strana telefonata.
Rispetto alle
altre mattine ero in ritardo e non potevo permettermi di stare lì sul divano a
pensare a quella voce e al mio passato. Dovevo proprio decidermi a uscire di
casa, l’appuntamento con Elisa sarebbe stato dopo una ventina di minuti. Così
mi scrollai di dosso l’umore sospettoso e insicuro che mi era rimasto
appiccicato alla pelle e mi preparai per uscire.
Arrivai al bar
dell’appuntamento cinque minuti in anticipo. Elisa era già lì, cosa insolita
per lei.
“A cosa devo
tutta questa puntualità, Elisa?” chiesi scherzando.
“A dirla tutta il
mio era un intento di anticipo dell’appuntamento … ti ho anche chiamato a casa
per proporti di incontrarci prima, ma non hai risposto al telefono”
“Mi hai
chiamato?” chiesi con un interesse spropositato agli occhi di Elisa. “Quando mi
hai chiamato?” le chiesi, sedendomi al tavolino.
“Prima, non so
quando. Sarà un’oretta fa, ormai …”
“Allora eri tu”
osservai a bassa voce.
“Tutto bene?” mi
chiese Elisa preoccupata.
“Sì, sì,
benissimo. Solo … oh, niente, una sciocchezza, lasciamo perdere!” dissi con un
po’ di sollievo.
La giornata
trascorse poi normalmente, senza che l’episodio della telefonata mi turbasse
più di tanto.
Quando alla sera
tornai a casa avevo una fame da lupi. La giornata era stata impegnativa e avevo
avuto tempo solo per buttar giù un tramezzino prosciutto e uova. Così l’unica
cosa che volevo fare era cucinarmi una buonissima pasta ai broccoli, bere una
birra e poi lasciare che la notte mi sorprendesse già addormentato sul divano.
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