martedì 21 agosto 2012

Una telefonata, part three (ancora e sempre agosto...)


In cucina la radio accesa accompagnava la mia danza culinaria, mentre facevo sbollentare i broccoli in abbondante acqua, mentre poi li facevo rosolare in padella con uno spicchio d’aglio, mentre stappavo la birra fresca di frigo. Apparecchiai il bancone dove ero solito cenare e salai l’acqua dove avevo sbollentato i broccoli, così da farvi poi cuocere la pasta. Presi una bel po’ di spaghetti ed appena l’acqua riprese a bollire ce li buttai dentro, con l’intento di farli saltare, a cottura ultimata, nella padella con i broccoli.
Quando gli spaghetti erano ancora dritti nella pentola, il telefono squillò.
Ritornò fulmineo il ricordo della telefonata del mattino.
Naturalmente poteva non essere quello che temevo, poteva essere ancora Elisa che mi aggiornava su chissà cosa, poteva essere un caro amico del liceo che si rifaceva vivo dopo vent’anni, poteva essere chiunque, ma io avevo un presentimento. Un terribile presentimento.
Prima di tutto c’era la puntualità fastidiosissima di quegli squilli che mi faceva dar credito al presentimento: avevo appena buttato la pasta, pochi minuti di distrazione e sarebbe stata scotta. Ero in procinto di mangiare e rilassarmi. Era un momento perfetto, insomma, per disturbarmi.
E poi era probabile che quella voce insolente mi avesse cercato per tutto il giorno, ma io ero fuori casa, e ora stesse verificando se fossi rientrato.
Con la birra in mano andai al telefono ed alzai la cornetta.
“Bentornato!” disse quella voce, proprio quella, inconfondibilmente la voce anonima della mattina.
“Allora, vediamo se indovino, hai paura di divertirti? Vedi, ci ho pensato per tutto il pomeriggio e questa è la mia conclusione” disse convinta.
“Lei ha bisogno di aiuto! Lei farnetica!” dissi io disturbato da quella affermazione.
“Su, via, non essere così permaloso. La verità fa male, lo so, però …”
“Però un bel niente! Come si permette di psicanalizzarmi in un minuto di telefonata! Se c’è qualcuno che ha dei problemi è lei, questo è sicuro!” dissi io, bevendo poi un sorso dalla bottiglia di birra.
“Va bene, va bene, ho sbagliato” disse la voce con un tono di scuse.
“Sì, lei ha sbagliato tutto dal principio e come stamani lei ha sbagliato anche momento per chiamare” dissi convinto, pensando ai miei spaghetti che avrebbero necessitato almeno di essere girati mentre cuocevano.
“Vedi, questo fa parte del gioco. Una delle due parti deve essere scontenta, per dare equilibrio all’insieme” mi disse la voce come volesse spiegarmi uno degli assioma più importanti della chimica nucleare.
Io corrucciai lo sguardo, bevvi un altro sorso di birra e pensai seriamente che avevo a che fare con uno squilibrato.
“Senta, mi spiace, ma ho la pasta sul fuoco. La devo lasciare. La prego di non cercarmi mai più. Io non so chi lei sia e non mi interessa saperlo, naturalmente. Penso di non averla mai incontrata e di non averle mai fatto alcun torto. Addio”
Quando riattaccai rimasi fermo qualche istante, poi corsi a girare gli spaghetti, al termine della cui cottura mancava veramente poco. Riaccesi il fuoco sotto la padella, trangugiai la birra e scolai gli spaghetti.
Seduto al bancone, con un piatto di abbondante pasta ai broccoli sotto il naso, con una nuova bottiglia di birra affianco al bicchiere, con molta confusione in testa, aspettai mi tornasse l’appetito.
Procurandomi un fastidio insopportabile, il telefono squillò mentre masticavo il primo boccone di quella cena. Lo stomaco mi si contrasse, ma continuai imperterrito a mangiare. Ci furono una ventina di squilli. E poi altri venti dopo pochi minuti, fino a quando decisi di staccare il telefono. Mi sdraiai sul divano e nel giro di mezz’ora mi ero addormentato.

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