giovedì 9 agosto 2012

Scrivendo d'agosto. Una telefonata, part one.

Quando il telefono squillò io mi stavo facendo la barba. Avevo appena iniziato a radermi la guancia sinistra e a liberarla così dalla schiuma bianca e come al solito ero molto concentrato. Al mattino come prima cosa mi faccio la doccia e mi rado, come fosse una ritualità. Solo dopo essere stato in bagno vado in cucina a farmi il caffè.
Per questo motivo appena sentii il telefono squillare pensai che non avrei risposto, pensai che chiunque fosse stato avrebbe richiamato anche un quarto d’ora dopo. Ma il telefono continuava a squillare, fastidiosamente, e a ogni squillo la mia mano faceva un sussulto. Al decimo insistente trillo decisi dunque di rispondere.
Andai in salotto con un asciugamano tra le mani. Sbuffai e alzai la cornetta, facendo attenzione a non impastarla con la schiuma rappresa sulle mie guance.
“Pronto?”
“Finalmente. Ci voleva tanto?”
“Scusi, chi parla?”
“Non mi riconosci?” chiese quella voce, pacatamente, quasi divertita.
Io riflettei un attimo, spulciando nella memoria a chi potesse appartenere quella voce. Poi dissi:
“No, non la riconosco. Chi è?”
“Fai sul serio?”
A me venne un po’ di nervoso. La schiuma da barba cominciava a darmi fastidio, quasi mi bruciava la pelle e quella voce misteriosa non si palesava.
“Senta, forse ha sbagliato numero, forse cercava un’altra persona. In questo momento sono anche occupato, non posso stare al telefono. Per cui la saluto” e riattaccai.
Tornai subito in bagno e prima di prendere il rasoio tra le mani mi guardai allo specchio chiedendomi se forse non ero stato troppo brusco.  Questo pensiero scivolò subito via e così potei continuare a radermi in tutta tranquillità.
Quando mi sciacquai la faccia, percepii uno strano fastidio al mento. Avevo un taglio piccolo ma profondo. Che strano, non me ne ero accorto prima. E ancor più strano, io non mi taglio mai. Così mentre tamponavo il taglio pensai che era stata quella telefonata a distrarmi così tanto dalla rasatura. Ci doveva essere stato qualcosa che mi aveva turbato.
Con un piccolo cerotto sul mento andai in cucina. Aprii la finestra per far entrare la fresca aria delle mattinate di primavera e cominciai a prepararmi il caffè. Quella mattina optai per la caffettiera napoletana, che da solo qualche mese mi ero comprato. Così la smontai e la rimontai dopo averla caricata di acqua e caffè in polvere. La misi sul fuoco e mi soffermai a guardare gli alberi del giardino pubblico oltre la finestra.
Aspettavo dunque che dal buchino della caldaia fuoriuscisse lo spiffero di vapore, che mi avrebbe avvertito di togliere la caffettiera dal fuoco e di capovolgerla, quando il telefono squillò per la seconda volta.
Appena lo sentii mi congelai in una smorfia di incredulità e fastidio.
Possibile che arrivasse un’altra chiamata proprio quando avevo messo il caffè sul fuoco? Mi precipitai dunque al telefono, sperando di risolvere la questione prima che arrivasse il momento di capovolgere la caffettiera.
Alzai la cornetta e rimasi in silenzio. Sentii un insicuro “Pronto?”, pronunciato dalla voce anonima di prima.
“Sì, pronto!” e poi ci fu un breve silenzio, che mi diede l’incentivo di prevenire le parole di quella voce. “Senta, o mi dice chi è lei o sappia che il suo è tempo perso. Lei oltretutto ha un tempismo pauroso per disturbarmi!”
“Siamo nervosetti?” insinuò la voce.
Io inspirai profondamente e poi mi sporsi per tenere sotto controllo la caffettiera, che sembrava ancora lontana dal bollore.
“Sei sicuro di non riconoscermi? Io ti riconosco e conosco … prova a cercare nei ricordi” mi disse quella voce, sempre calma e sicura. “Sono passati un po’ di anni, ma questo non giustifica il tuo atteggiamento” concluse poi.
“Senta, gli indovinelli non mi piacciono e se realmente mi conoscesse dovrebbe saperlo. Se proprio ci tiene mi dica chi è altrimenti non importa, riuscirò a vivere ugualmente”
“Ne sei sicuro?”
“Sì, ne sono sicuro, mi preoccupa molto di più il caffè che ho al fuoco, se è per questo!” dissi, e guardando verso la caffettiera vidi che proprio in quel momento fuoriusciva del vapore. “Ecco, devo togliere la napoletana dal fuoco!”
“Va bene, io ti aspetto, fai pure”
Non so come mai, ma invece di interrompere la telefonata, semplicemente, senza dir nulla, appoggiai la cornetta al tavolino e andai in cucina a prendere la caffettiera e a capovolgerla. Stupito di me stesso tornai al telefono e dissi “Fatto”
“Bene, adesso abbiamo più tempo, tu devi aspettare che l’acqua filtri nella polvere del caffè … chissà, sarai più rilassato!”
“Questo non lo so … chi è lei? Cosa vuole da me? Come fa a conoscermi?” dissi tutto d’un fiato.

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