giovedì 26 luglio 2012

Da un vecchio racconto.

Di mariti e mogli e di viaggi con i rispettivi ritorni.

Ma appena prima di spegnere la luce, alla sera, nella nostra camera da letto, non vorrei solo dirle Buonanotte Marie, ma anche dirle che ho bisogno che lei parli di me. Che si perda a decifrare i pori della mia pelle e come fosse codice, capisse i segni innumerevoli che ho accumulato e collezionato nel tempo, nel tempo lontano da lei. Che quel segno che ho sulla caviglia potesse farle nascere la curiosità di chiedermi cosa mi sia successo. Che guardandomi mi chiedesse, dolcemente, di parlare di me così che lei possa poi continuare lo stesso mio racconto dal suo punto di vista.
Buonanotte Marie.
Buonanotte, e mi abbraccia, da dietro, facendo aderire la sua pancia alla mia schiena. E io penso che forse la parola è la comunicazione errata, anche dopo un mese dal mio ritorno, e che mia moglie mi interroga molto più di quanto io possa immaginare e allora mi lascio addormentare con un senso di incomprensione, di sconfitta, di mancanza. Ancora non capisco il reale legame con Marie, penso, ancora non mi capacito della sua forza espressiva, ancora cerco àncora nella sicurezza dell'idioma, confondendo l'amore con la testimonianza. Eppure, eppure, eppure e mi addormento tra un dubbio e la sua mano sul mio petto.

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