mercoledì 16 febbraio 2011

Una giornata, forse.

Posso dirle solo questo: stavo dormendo e probabilmente anche sognando, perché ho in testa delle immagini colorate che altro non possono essere se non uno strascico di sogno. Se chiudo gli occhi vedo tutto giallo, giallo come può esserlo un campo di girasoli in pieno sole. Che poi per suggestioni varie mi viene in mente una poesia, dove nascono bionde trasparenze e vapora la vita come profumo... ma forse a lei tutto questo non interessa, vero? Beh, deve scusarmi, sono imbarazzato, sono confuso, molto confuso, non so cosa è successo, se qualcosa è successo, se insomma forse qualcuno m'ha svegliato.
Lei forse può aiutarmi. La prego, non faccia quella faccia! Mi scoraggia, così. Invece, vede, lei deve darmi una mano. Mi ritrovo qui, qui che neanche so dov'è, senza nulla con me. Se cerco un'ultima immagine o una traccia di ricordo io non trovo nulla. Nulla. Quindi lei dovrebbe aiutarmi, ha capito? La prego, mi dica dove siamo. Dove siamo? Il suo silenzio mi fa mettere in dubbio la sua esistenza. Se solo potessi alzarmi... se solo potessi alzarmi verrei lì a toccarle la pancia o il naso, in cerca di conferme. Ma sono bloccato, accasciato per terra, con le gambe immobili e capisce, tutto questo mi mette una certa angoscia in corpo perché non posso neanche andare a chiedere aiuto, a chi poi non so, ma a qualcuno che sia in grado di parlare, Cristo!
Oddio oddio oddio! Mi ricordo, m'è venuto in mente, io ero con lei!
Seduta sulla riva del letto, la vedevo all'incontrario, come se qualcuno mi tenesse a testa in giù. E lei rideva. Rideva. Mentre io venivo trascinato via dalle spalle di qualcuno. Era lei! Quindi io la conosco! E perché adesso non mi dice niente, eh? Era lei, ne sono sicuro. Ma lei chi? Chi?
Oddio sto impazzendo. Non ci sto più con la testa. Adesso chiudo gli occhi e quando li riaprirò lei sarà scomparsa e allora io capirò tutto e sarà come in quei film strani dove il protagonista è a letto e suona la sveglia e allora si accorge che era tutto un sogno. Bene. Io ho chiuso, adesso conto fino a tre e poi riapro. Uno. Due. Tre.
Non c'è. Non c'è più! Ha funzionato! Ha funzionato!
Però... però io son sempre qui. Accasciato. Confuso. Senza passato.
E' forse normale ad un certo punto della propria vita che succeda tutto questo? Cioè che ci si scordi cosa sia successo qualche ora prima, ma che si sappia che c'era una donna che rideva e poi questa donna si materializzi in un luogo x e stia zitta senza fiatare e poi scompaia nel nulla. Aiuto. Non urlo, ma aiuto.
E' tutto vuoto. Il pensiero sta smettendo di formularsi. Sta scomparendo, sta sbiadendo. Forse anche il mio corpo sta svanendo.
Mi guardo le mani. Prima i dorsi, poi i palmi. Esamino un dito alla volta, pollice indice medio anulare mignolo, e poi ancora, pollice indice medio anulare mignolo. Conto quante dita ho, perché non sono più certo neanche di questo.
E chissà poi che io realmente esista.

domenica 13 febbraio 2011

Svarione #2.

cose di poco conto, cose che non contano, per i conti che nontornanomai.
albertogarutti diceva echissenefrega. grande artista, maieutico fin dentro ilmidollo ilcollo.
echissenefrega.
ho scritto post dicuianessuno importa qualcosa.
chelaneve è un agente. atmosferico. e c'è da annidecennisecoli millenni. e chissenefrega.

investire sui giovani per unfuturodegno del nostro patrimonioartistico. storico. ah.

crollo io checrollitu che crollapompei.

che poi abenvedere potrebbero essere tutte pietruzze, vero g?
provocazione, anche, ma a me delle pietruzze nonmenefreganiente.
pregiudizio. ostica. ostrica.

sento le parole bellabellissima percorrere unatraiettoria curvilinea trafiggerledolcemente la carne e scomparirenelsuobuio e so che quelleparolenon potrò mai dirle a nessuno maipiù dirle a un'altra persona sarebbeunabugia.

durante i lunghi silenzi ci guardiamo, cercandocinellosguardo dell'altro.
guardo mia moglie sedutaaltavolo davanti a me, con i gomitipoggiatisulpiano e i palmi delle mani araccoglierleleguance.

con tua moglie che lavavaipiatti in cucina e non capiva.
e poi ancora e sempre:
ofelia è dietrolafinestra mai nessuno le ha detto cheèbella.

oggi donne in piazza. e uominianchemagari sarebbe gradito.
io nuncisto'. azz.
mancanzapermancanza. errore.

venerdì 11 febbraio 2011

Cameriera ai piani. Un inizio?

Il dito scorreva sulla stoffa, guidato dalla mano per poter spiegare il lenzuolo. Sempre lo stesso movimento, sempre lo stesso suono.
Prendere il lenzuolo piegato, cercarne il lato con il bordo ricamato di filo giallo, cominciare ad aprirlo come per cercarne il centro, stendere le braccia portandosi dietro il lenzuolo trattenuto dal pollice, perno di dislocamento e punto estremo delle braccia crocifisse.
La stoffa scorreva sul polpastrello e sul lato dell'unghia e il pollice della mano destra diventava uno strumento musicale.
Cosa le ricordava quel suono?
Nella metodicità del movimento cominciò ad ascoltarlo e di volta in volta le sembrava più familiare.
Poi, chiaro, d'improvviso, il ricordo di sua nonna, sarta. Che in piedi davanti al tavolo della cucina stendeva metri quadrati di stoffa, che se la faceva scorrere tra le dita, che produceva quel fischio sordo, sfregamento di fibre e orditi e trame. Con gli occhiali bassi sul naso, con la fronte alta, guardava dall'alto la forma che avrebbe dovuto prendere quel pezzo di cotone e cominciava a disegnarvi sopra con un rettangolo di gesso grigio, riproducendo spalle e braccia del modello che poi avrebbe cucito.

sabato 5 febbraio 2011

Fruga dentro le mie tasche e poi...

I giorni si susseguono visti attraverso una lente speciale che fa solo vedere quanta poca neve c'è in valle.
Ora. La neve.
Mi spiace sempre un po' parlare di cose troppo private su questo blog, ma dimenticata quassù nell'Alta Valle del Lys, ho bisogno di manifestarmi anche attraverso il MIO blog.
Gli stranieri disdicono settimane bianche, i piemontesi non vengono nella regione dallo statuto speciale, i palermitani ci vengono una volta e maipiù (belli, bellissimi i palermitani, anche se non conoscono il compaesano Vasta) e amici leccesi vengono a trovarmi per il week end. In tutto questo marasma di persone, tante si sottraggono alla mia conoscenza a causa della scarsità della neve. La neve.
Qui a Gressoney è il disgelo.
Il suono del ghiaccio che dai tetti si scioglie e cade frazionato in stille trasparenti, sa tremendamente di primavera. Gocce di qualcosa che è finito ancora prima di essere. Un disgelo prematuro. Un aborto di inverno.
Ricordo i ghiaccioli di ghiaccio che staccavo dalla roccia e succhiavo come fossero stati un gelato succulento. Avevo forse quattro anni. Li staccavo, in questo ricordo, dall'"Amico Roccia", un masso abbastanza grosso su cui soprattutto mia sorella si arrampicava, vicino alla casa in montagna. E per godere ancora di più di quel finto gelato, vi mettevo sull'estremità una manciata di neve compattata, così che sembrasse una pallina di gelato (verosimilmente al limone, ma nella mia immaginazione al caffè).
Adesso, sarebbe impensabile. Troppo poco freddo.
Fruga dentro le mie tasche e poi....
Questo pomeriggio c'è stata una strana sovrapposizione di emozioni e immagini. Da una parte, la prima donna Neve ( con le sue assenze etc etc). Dall'altra, vecchi ricordi e visi.
Come se il tempo avesse deciso di concedermi uno spazio dimenticato da tempo.
Come il nome di un cavallo che mio padre montava quando io avevo solo 5 anni. Ester Light.
Come il viso di una ragazza che adesso è madre e sposa, ma che all'epoca era solo Sara e montava benissimo.
Come Ambassador.
Come Mario.
Insomma. L'assenza della neve mi sta dando modo di poter colmare il SUO vuoto con cose mie.
E me ne compiaccio.
E vi saluto brava gente.

A song.

mercoledì 2 febbraio 2011

Tra Cindy e Eugenio.

Che d'improvviso mi sembra di camuffarmi da Cindy Sherman e di vestire i costumi di uno o dell'altro.
Entro nelle stanze d'albergo e cerco dietro i divani i resti che hanno lasciato quell'uomo e quella donna. Frugo tra le lenzuola e ci trovo preservativi usati. E sotto il letto, come segno indecifrabile, una bustina di zafferano.
Sto tenendo in segreto una lista di tutte queste cose trovate.
Vorrei indossare la parrucca bionda lunga liscia. La mia parrucca.
Se un'ombra scorgete, non è
un'ombra - ma quella sono io.
Potessi spiccarla da me,
offrirvela in dono.
Montale crederebbe nella descrizione di una vecchia fotografia?
Mi travestirei anche da vecchia signora, con calze spesse di lana e gonna marrone lunga fino allo stinco. Come la signora della fotografia che ho iniziato a descrivere, su un foglio A4, con il pennarello rosso.
Lieto leggerò i neri
segni dei rami sul bianco
come essenziale alfabeto.
Vado a fare quattro passi. A bere almeno un caffè. Che è meglio.
Tutto il passato in un punto
dinanzi mi sarà comparso.