lunedì 10 maggio 2010

Danza di quiescenza

Non sono mai andata a vedere molti spettacoli di danza. Direi che si possono contare sulle dita d'una mano, quelle volte. E ieri sera, senza averci pensato più di tanto, sono andata a teatro e ho guardato un balletto di danza contemporanea. Pullman, caffè, poltroncina rossa.
Dieci persone, di cui due uomini, hanno ballato per quasi due ore. Stupendomi, stupendomi molto.
Mi sono emozionata più volte. Vuoi la musica, forte e empatica. Vuoi perchè vedere dei corpi che si muovono con disinvoltura e sicurezza è bellissimo. Vuoi perchè in alcuni momenti avrei voluto essere io a muovermi così, a ballare così, a esprimermi in quel modo.
Le potenzialità del fisico mi affascinano da sempre. Quel che il nostro corpo, di tutti noi, può fare. E come può essere aggraziato e arrabbiato e teso e triste e piangente...
Corpi in principio quasi nudi, coperti solo nelle parti intime, che parevano aggrottati gli uni con gli altri, intrappolati in uno stato originario e originale; e quegli stessi corpi che col tempo hanno conquistato uno stato più libero, fatto di salti e voli e corse. Poi, però, sono arrivati i vestiti, abiti con cui continuare a danzare, e poi i corpi hanno preso a lottare tra di loro, a farsi la guerra, una guerra di movimenti. Per finire, stremati e scarici, nella condizione iniziale, accresciuta di esperienze e null'altro.
Il filo narrativo, per quanto io possa aver capito, si poteva risolvere in questo ciclo evolutivo ( e monco). O forse, era solo quiescenza, attesa per un qualcosa che sarebbe venuto.


Powerful and profound - Dimora Coreografica
coreografie: Cristina Golin, Cristina Ruberto, Cristina Taschi
"... la particolarità di questo spettacolo è dare spazio alla sperimentazione e alla rielaborazione di tutte le possibili gestualità del balletto per rinforzare l'originale valore comunicativo della danza, la sua valenza artistica come linguaggio muto fatto di movimenti, frammenti di immagini solo suggerite dalle linee dei corpi per lasciare spazio alla fantasia e alla trasposizione creativa della sensibilità di chi guarda." da Vivi la danza, del 31 marzo 2010

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