giovedì 12 maggio 2011

Passaggio.

Sono in una condizione emorragica.
Ho un buco, da qualche parte, un taglio, un'abrasione.
Ne fuoriesce tutta la mia malinconia.
Sono qui, a casa, nel mio paese e mi sento estraneo. Perché mi sembra di perdere Marie. E tutto ciò che questo vorrebbe dire.
Recrudescenza non programmata.
Quelle parole, sono state quelle parole, di cui ignoro l'identità e l'intenzione, che non riconosco, che non sono probatorie, ma solo allusive. Parole che mi hanno dato modo di ipotizzare, di accumulare paure, di costruirmi questo groppo di condizionali e di se.
Tu senza le parole ... non può che essere Marie, la mia sposa muta. E nel formulare questo pensiero, sento la precarietà della parola sposa e poi subito dopo del pronome possessivo, mia.
E sento anche quanto possa cominciare a mancarmi Marie, adesso, che dorme affianco a me tutte le notti e che siamo nello stesso emisfero, nello stesso continente, nello stesso stato, nella stessa regione, nella stessa città, nella stessa casa.

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