martedì 17 maggio 2011

Da un racconto incompiuto.

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La scaglia di sole giallo a tagliare le nuvole nere, adesso, oltre la porta del tram, in alto, verso le montagne, dopo la pioggia che ci è caduta addosso per quasi due giorni, quel sole, e non la gente, mi fa stare bene. Di quello mi accontento. I miei occhi ringraziano lo spettacolo in cielo.
L'ultima volta che ho preso il treno era mattino presto. Alle sette partiva il mio convoglio. Il tram era vuoto. Solo io e la mia immagine riflessa sul finestrino, tra il caldo del mezzo pubblico e la rigidità della città. Poi sono arrivato in stazione e le luci al neon erano ancora accese, perché ormai il buio perdura fino a tardi. E mi son preso un caffè al bar della stazione pagandolo un euro. E mi son guardato intorno e ho visto facce stanche, anche quel giorno, che era domenica. Mi son seduto sul treno che aspettava di partire al binario due e in un attimo mi sono trovato circondato da relitti adolescenziali del sabato sera. Orrendi vestiti frusti e lisi che addentavano il mattino, precipitosi nell'infilarsi poi a letto per smaltire l'alcol e la cocaina aspirati ballando.

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