sabato 30 ottobre 2010

Tre secondi di cielo, S. Parulskis.

I medici dicono che è un problema generazionale. Alcune generazioni guardando il mare vedono Dio, altre sentono musica sinfonica, fughe di Bach, altre ancora vedono una donna, Afrodite, l'infinito, l'eternità, il nirvana e altre sciocchezze poetiche. La generazione spinta su questo mondo all'incirca negli anni settanta, anche se il tempo non ha un significato particolare, non vede nulla. Io appartengo a questa generazione. Alla generazione che non ha segni particolari, alla generazione che è quasi senza segni distintivi. Alla generazione che è arrivata troppo tardi per diventare hippy, a cui la musica dei Beatles sembrava eccessivamente dolce ed era già cresciuta troppo per assorbire le idee dei punk, mentre i Sex Pistols le ricordavano un rumore fastidioso. A dire il vero una parte non piccola di questa generazione si è imborghesita, ha creduto nel modello di vita proposto dagli Abba, ma questa non è una caratteristica di tutta la generazione, è piuttosto una semplice statistica, che né le seghe del tipo AC/DC né il sangue di John Lennon riescono a eliminare. A me interessa questa generazione che quasi non ha una sua musica, dei suoi idoli, una cognizione della patria, della storia, dell'amore, dei soldi, della famiglia, delle responsabilità.
La generazione che ha pagato un certo tributo agli stupefacenti, che ha versato un po' di sangue in Afghanistan, ma questa è l'eccezione, non la regola. L'unica filosofia di questa generazione è la mancanza di una filosofia o l'evitare di averla, e questo vuoto teorico nella pratica viene riempito con l'alcol. Ma è al tempo stesso la generazione che non ha imparato a bere, non ha imparato a scopare, a mangiare, ad accumulare, in altre parole non ha imparato a godersi la vita. Perfino chi è diventato ricco, e ha messo su famiglie felici e prospere attività commmerciali, guardando il mare non vede niente, tranne l'acqua. [...] Tutte le generazioni si compiacciono di essere perdute. La mia generazione non era perduta. Non era una generazione di contestatori o almeno di semplici istigatori. E' semplicemente una generazione immatura, una generazione che non si è realizzata, che non è giunta a compimento. Anche se ha partecipato a un repentino cambiamento sociale e politico, anche se ha vissuto durante la maturità una svolta incredibile, è rimasta com'era, propensa a non credere, piena di dubbi, sfaticata e senza alcun entusiasmo, e guarda il mare non con un sorriso da buddista, ma con un vuoto da idiota negli occhi e non ci vede nient'altro che schiuma. Ci si potrebbe consolare con il fatto che non è importante quello che non vedi nel mare, ma quello che passa per la tua testa quando lo guardi. Nella testa c'è il vuoto esattamente come nel mare e, anche se a volte lungo l'orizzonte compare una qualche ombra di pensiero, è così lontana che non si riesce nemmeno a vedere se si muove.

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