venerdì 15 ottobre 2010

Senza titolo.

Maglione nero. Pantaloni neri. Scarpe gialle. La borsa del computer a tracolla. Andavo in studio. A piedi, perché le nostre biciclette ce le avevano rubate la settimana prima. Tutte e due, insieme, dopo che le avevamo legate al palo della luce della piazza davanti alla stazione. Mi era sembrato avessero rubato una parte di noi. Il nostro tempo a pedalare per la città. Ci avevano rubato, pensavo, la possibilità di sentirti tornare a casa dopo che eri stata al parco e avevi pedalato fin dall’altra parte della città e rincasavi proprio mentre io stavo finendo di lavorare al computer e mi raccontavi cose così piccole da diventare in bocca tua enormi e fondamentali. Senza le biciclette, pensavo, il tempo dei tuoi racconti non sarebbe più tornato. Non ci avevano rubato le biciclette, ma i tuoi racconti, pensavo, guardando il palo vuoto.

E camminando sul corso sotto casa ripensavo a quella volta ch’eri andata al parco della tesoreria e eri tornata a casa con un rullino pieno di nuove fotografie e ancora una volta ti lamentavi dell’esposimetro che non funzionava bene e che quindi, ancora una volta, eri andata a caso nello scegliere tempo d’esposizione e apertura del diaframma, ma eri contenta, perché avevi fatto un ritratto ad un signore che se ne stava sulla panchina tutto solo e tu ne eri rimasta affascinata perché era come se aspettasse qualcuno, dicevi, e una volta che ti eri avvicinata gli avevi visto negli occhi la tristezza e allora ti eri messa a parlare con lui, di fiori. E dopo mezz’ora che parlavate tu gli hai chiesto se potevi fargli una foto e lui ti aveva detto di sì e così tu gli hai fatto quel primo piano che avresti poi appeso a casa tua, nella tua stanza da letto.

E camminando poi lungo il fiume non riuscivo a concentrarmi sull’affare dei giapponesi, ero prepotentemente distratto da te, stranamente, come se pensandoti potessi averti ancora per un po’, ancora lì vicino a me anche in giornata infrasettimanale, in quel mercoledì mattina pieno di segni che avrei dovuto decifrare. Il brivido, il crampo, tu che occupavi la mia testa.

2 commenti:

  1. apertura del diaframma

    fh

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  2. Una serata qualunque,forse, non tanto,un ristorante, una stretta di mano intensa,....appagante,uno sguardo. L'attesa, l'attesa del commiato, per poterti ancora sfiorare.

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