martedì 15 giugno 2010

L'uomo con la pancia rossa, seconda parte

Roma, dunque, pare avesse due porti fluviali, mi dice. Uno proprio all'altezza dell'isola Tiberina.
"Signorina, sarebbe così gentile da farmi un favore?"
"Certo, mi dica"
"Mi aiuti a far fare una figuraccia ad una persona!"
L'uomo dalla pancia rossa estrae dal taschino della giacca un cellulare.
"Me lo può reggere?"
"Certo"
Il cellulare, semplice, è senza la protezione per la batteria.
In silenzio, cerca nelle tasche sia dei pantaloni che della giacca qualcosa. Tira fuori una rubrica, un po' rovinata, senza la quarta rigida.
"Giovanni ..." sussurra sfogliando le pagine. "Ecco, eccolo. Sarebbe così gentile da digitare il numero così non sforzo troppo la vista?"
"Certo, mi dica"
"Tre due otto ..."
Io digito il numero che mi detta e faccio partire la telefonata. Gli passo il cellulare e lui mi ringrazia con lo sguardo.
Sono curiosissima. E mi sento come sospesa.
Nel giro di pochi istanti inizia quella che sarà una telefonata alquanto strana. Questo certo signor Giovanni, a cui l'uomo cfon la pancia rossa si rivolge presentandosi come Mario, potrebbe anche non esistere e non essere interlocutore della telefonata.
I due hanno da ridire su dettagli della storia di Roma, su particolari che è troppo semplice cercare su Wikipedia, su scommesse in cui ci si giocano gogliardiche mangiate al ristrorante.
Saranno più di cinque minuti di telefonata e io me ne sto lì, a guardare l'uomo e poi il cielo di Roma che si sta scaricando delle nuvole e penso che questa pioggia è stata bellissima.
E mentre mi rigiro alcuni pensieri nella testa, l'uomo termina la telefonata e io gli sorrido.
Non dice niente e ripone il cellulare e la rubrica in una tasca delle giacca.
"Se le capita, entri in quella chiesa, è bellissima" mi dice indicando la chiesa di fronte a noi.
"Io adesso vado. La saluto"
"Va bene. Allora arrivederci"
L'uomo prende la borsa di tela bianca, se la mette a tracolla, riprende le racchette da sci e fa qualche passo verso la Madonna affrescata.
Improvvisamente mi spiace il nostro incontro sia già finito, ma non riesco a fare niente, ho paura di rovinare questo e tutti gli altri momenti.
Mi escono solo queste parole:
"Lei è stata la cosa più bella che mi è capitata, oggi"
E l'uomo, già rivolgendomi le spalle:
"Allora signorina lei è messa proprio male"

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