lunedì 18 aprile 2011

Per orizzonte stelle basse oppure niente.

Nell'ultimo viaggio ho visto molto orizzonte. Tra cielo e mare. Tra terra e cielo. Qui a casa l'orizzonte è troppo vicino, per essere tale. Lo sguardo non precipita, non precipita da nessuna parte, ma anzi si arrampica sulle verticalità degli edifici e delle montagne in lontananza. Può essere l'orizzonte un ostacolo? O deve invece far tendere gli occhi e protendere il mento verso l'oltre?
Insoluto mi guardo intorno e lo spazio tra me e l'orizzonte, qui, è una conca di intimità e appartenenza.
Mi mancavano i viali alberati, della cui ombra godo in queste giornate di sole. Mi mancava il rumore del mercato della domenica. Sentire la mia lingua pronunciata da mille persone, vecchi, bambini, donne belle, donne brutte. Il sentirmi appartenere a dei suoni che mi hanno circondato fin da piccolo. Quei suoni sempre simili a loro stessi, che nei confini occludenti di questo orizzonte, si fanno eco.
Non ascolto ma sento, e sento le voci del mio paese e capisco che questa è una delle mancanze peggiori, quando sono lontano. Sentire la pronuncia di parole di cui ignoro il significato e che devo mettermi in bocca per poter iniziare a dialogare, aspettando di trovarne familiarità.
Invece, qui, mi lascio naufragare in questa eco che quasi mi addormenta, come ninna nanna materna.

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