venerdì 7 gennaio 2011

Food for thought.

" Lei dice che per creare una grande opera basta vivere il più intensamente e profondamente possibile una qualunque vita reale, ché se il nostro spirito ha in sé le condizioni del capolavoro, questo verrà fuori da sé, naturalmente, sanamente, di come accade di tutti i fenomeni vitali.
No, secondo me, l'arte vuole un tal lungo travaglio e maceramento dello spirito, un tale incessante calvario di tentativi che per lo più falliscono, prima di giungere al capolavoro, che si potrebbe piuttosto classificarla fra le attività anti-naturali dell'uomo. Che anzi, se quest'anima non si è contorta e stravolta e dissanguata, se non si è insomma ridotta per le fatiche e l'abuso di atteggiamenti particolari ad un aspetto fuori d'ogni comune e privo di quel gretto ottimismo che porta con sé la naturale sanità, quest'anima non verrà mai a comporre un capolavoro."

CESARE PAVESE, lettera a Augusto Monti, 18 maggio 1928.

mercoledì 5 gennaio 2011

4 gennaio 2011.

Mi sveglio al mattino sentendomi i piedi pesanti.
Guardo fuori dalla piccola finestra e vedo grigio.
Ero abituata al sole e al cielo terso, mi fa strano pensare a nuvole basse. Ancor più strano dovermici abituare.
Mi rigiro nel letto e mi sento triste. Cerco di focalizzare il sogno della notte. Non lo trovo, solo sfumature, ma mi mettono tristezza.
Giornata triste.
No. Non so. Giornata strana.
Esco di casa e il freddo mi dà fastidio al naso, come se ad ogni respiro i peli nelle narici si irrigidissero.
Magari un cappuccino, penso, mi farà bene.
Entro nel bar sulla via del lavoro. Guardo il termometro appeso all'ingresso. Segna meno tredici.
Nella sala, solo io e un signore. Dietro il banco una ragazza giovane a cui chiedo il cappuccino.
Guardo le brioches nella vetrina. Sono pallide. Non ne prendo nessuna.
Posando la tazza sul piattino la ragazza rovescia un po' di latte e caffè. Sorride e arrossisce. Io, senza espressione, zucchero il mio cappuccino. Ha un aspetto terribile, senza schiuma, senza vitalità.
Lo assaggio. Ustiona e fa schifo.
Lo lascio a metà, pago, esco.

Al lavoro una coppia di ricchi sessantenni parla dell'incidente appena avvenuto dalle parti di Courmayeur. Sulla strada è caduta una frana. Sotto la frana un giovane uomo. Un giovane uomo in viaggio di nozze. I due continuano a parlare del più e del meno, bevendo il caffè che servo loro al tavolo. Portandosi alla bocca la forchetta con un pezzo di crostata ai mirtilli, la signora dice, peccato ci sia questo cielo nuvoloso, non possiamo vedere l'eclissi di sole.
(L'eclissi di sole?!)
Amore, ma da qui chissà se si sarebbe veduta. Dicevano il punto migliore di osservazione fosse la nostra Milano.
Oh, ma siamo in montagna, figurati se non la vedavamo...

La giornata è continuata poi strisciando.
Coronata da imprevisti sgradevoli, quali intasamento di fogne e congelamento dei tubi dell'acqua.

A questo punto, doveroso pensiero.
Revisionismo storico del quotidiano.
Quella mia strana sensazione simile alla tristezza, forse, era dovuta all'eclissi di sole.
Sole che, da altre parti, era sorto già parzialmente eclissato.